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Donazioni informali e indirette sono soggette a tassazione?

Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.7442 del 20/03/2024

Le donazioni informali e indirette non sono soggette all’imposta di donazione, poiché non esiste l'obbligo di registrazione.

Lo ha stabilito la Sezione Tributaria della Cassazione con la sentenza n. 7442 del 20 marzo 2024.

Il caso di specie riguardava il ricorso presentato da un contribuente contro una decisione della CTR della Lombardia, relativa al trasferimento di attività finanziarie tra uno zio (donante) e un nipote (donatario), operazione effettuata a titolo di liberalità. Tale trasferimento era emerso da una voluntary disclosure del donante, successivamente soggetta a imposta di donazione ai sensi dell'art. 56 d.lgs. 346/90.

La Suprema Corte ha ricordato la tripartizione delle donazioni nella legislazione tributaria, che si distinguendo tra:

  • Donazioni dirette o formali, che si realizzano con un contratto pubblico e l'assistenza di testimoni (art, 769 c.c.);
  • Donazioni indirette, che derivano da atti giuridici, negozi unilaterali o contratti;
  • Donazioni informali, quali il trasferimento di denaro o strumenti finanziari.

La non obbligatorietà della registrazione per le donazioni indirette è sottolineata dalla mancanza di sanzioni specifiche e dalla possibilità di una registrazione volontaria. La Cassazione, superando quanto sostenuto dell'Agenzia delle Entrare nella circolare 11 agosto 2015 n. 30/E, stabilisce che, in assenza di dichiarazione di una donazione indiretta in sede di accertamento di altri tributi, l'amministrazione fiscale non può imporre la tassazione relativa alla donazione stessa. 

Pertanto le donazioni informali, che non sono stipulate per iscritto né enunciate in un atto scritto, non sono soggette a tassazione, salvo che in presenza di una registrazione volontaria della donazione stessa o che la donazione sia "confessata" dal contribuente nell'ambito di una procedura di accertamento tributario o infine che l'ammontare della donazione superi la soglia stabilita dalla legge (1 milione di euro).

La Cassazione sottolinea inoltre che, data l'assenza di obbligo di registrazione e di sanzioni, non si applica la prescrizione quinquennale per l'accertamento della mancata registrazione delle donazioni indirette.

Il giudizio d'appello ha confermato la titolarità del trasferimento di denaro a titolo di liberalità dallo zio alla nipote, evidenziando che il trasferimento era stato effettuato senza una volontà diversa da parte del donante.

Imposta sulle donazioni, liberalità diverse dalle donazioni, sottoposizione all'imposta, condizioni, dichiarazione del donante

In tema di imposta sulle donazioni, l'art. 56-bis, comma 1, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, va interpretato nel senso che le liberalità diverse dalle donazioni, ossia tutti quegli atti di disposizione mediante i quali viene realizzato un arricchimento (del donatario) correlato ad un impoverimento (del donante) senza l'adozione della forma solenne del contratto di donazione tipizzato dall'art. 769 cod. civ., e che costituiscono manifestazione di capacità contributiva, sono accertate e sottoposte ad imposta (con l'aliquota dell'8%) - pur essendo esenti dall'obbligo della registrazione - in presenza di una dichiarazione circa la loro esistenza, resa dall'interessato nell'ambito di procedimenti diretti all'accertamento di tributi, se sono di valore superiore alle franchigie oggi esistenti (Euro 1.000.000 per coniuge e parenti in linea retta, Euro 100.000 per fratelli e sorelle, Euro 1.500.000 per persone portatrici di handicap).

In tema di imposta sulle donazioni, la dichiarazione prevista dall'art. 56-bis, comma 1, lett. a), del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, al fine dell'accertamento e della sottoposizione all'imposta delle liberalità diverse dalle donazioni (nella specie, di una donazione informale avente ad oggetto il trasferimento, mediante bonifico bancario dal conto corrente del donante al conto corrente del donatario, di attività finanziarie detenute all'estero), può provenire, oltre che dal donatario, anche dal donante e può essere rappresentata anche dall'istanza volta ad avvalersi della procedura di collaborazione volontaria ed il rientro dei capitali detenuti all'estero, quando la donazione abbia avuto ad oggetto le attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori dal territorio dello Stato, spontaneamente emerse per volontà dell'autore della violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all'art. 4, comma 1, del d.l. 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227.

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Cassazione civile, sez. trib., sentenza 20/03/2024 (ud. 13/03/2024) n. 7442

FATTI DI CAUSA


1. Ca.Ma. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia - sezione staccata di Brescia il 21 gennaio 2019, n. 290/23/2019, che, in controversia su impugnazione di avviso di liquidazione per omesso pagamento dell'imposta sulle donazioni nella misura di Euro 65.289,00 (con i relativi accessori) in relazione alla riqualificazione in termini di liberalità indiretta del trasferimento mediante ordinativo bancario del 20 maggio 2014 da parte dello zio paterno Ca.Br. (affetto sin dall'anno 2000 da "decadimento cognitivo ingravescente") in suo favore di attività finanziarie (denaro e titoli) detenute su un conto corrente acceso presso la filiale di L. (Svizzera) della "Banca del Se. S.A." ed emerse con l'istanza presentata da Ca.Br. per la procedura di collaborazione volontaria ex art. 1, commi 1 e 2, della legge 15 dicembre 2014, n. 186, per un totale di Euro 816.116,14, con accredito su conto corrente acceso a suo nome sin dall'8 novembre 2013 presso la medesima filiale della suddetta banca, nonostante la dichiarazione depositata il 22 luglio 2014 presso il Notaio Pe.Si. da L. (Svizzera), con la quale la beneficiaria aveva rifiutato tale liberalità per lasciarne l'oggetto nella piena ed assoluta disponibilità dello zio paterno, ha rigettato l'appello proposto dalla medesima nei confronti dell'Agenzia delle Entrate avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Bergamo il 10 aprile 2018, n. 168/01/2018, con la compensazione delle spese giudiziali.

2. Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure - che aveva rigettato il ricorso originario - sul presupposto che il trasferimento di attività finanziarie in questione, ancorché sprovvisto dei requisiti formali dell'atto pubblico, integrasse una "liberalità" (senza ulteriore specificazione sulla relativa natura) e fosse soggetto ad imposta sulle donazioni.

3. L'Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

4. Con conclusioni scritte, il P.M. si è espresso per il rigetto del ricorso.

5. La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è affidato a quattro motivi.

1.1 Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 762,782 e 809 cod. civ., in collegamento agli artt. 1852 e 1834 cod. civ., degli artt. 55 e 59 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, 69 della legge 21 novembre 2000, n. 342, e 2, commi da 47 a 53, del d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che la liberalità avente ad oggetto strumenti finanziari fosse valida anche in difetto di stipulazione in forma pubblica, là dove, essendo affetta da nullità, essa non poteva costituire il presupposto di un'obbligazione tributaria.

1.2 Con il secondo motivo, si denuncia omesso esame di un fatto decisivo del giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per essere stata tralasciata dal giudice di secondo grado la dichiarazione depositata il 22 luglio 2014 presso il Notaio Pe.Si. da L. (Svizzera), con la quale la contribuente aveva rifiutato la liberalità disposta in suo favore, lasciandone l'oggetto nella piena disponibilità dello zio paterno.

1.3 Con il terzo motivo, si denuncia omesso esame di un fatto decisivo del giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per non essere stata valutata dal giudice di secondo grado l'eccepita lacunosità e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata.

1.4 Con il quarto motivo, si denuncia omesso esame di un fatto decisivo del giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per essere stato ignorato dal giudice di secondo grado l'eccepito travisamento della prova circa il rifiuto della liberalità disposta in favore della contribuente dallo zio paterno.

2. Il primo motivo è infondato.

2.1 Secondo la motivazione dell'avviso di liquidazione (che è stata riportata in ricorso, secondo il canone dell'autosufficienza): "Con atto prot. n. (omissis) l'Ufficio Controlli (...) ha inoltrato a questo Ufficio una segnalazione qualificata inerente la donazione indiretta di somme di denaro da parte del sig. Ca.Br. (...) a favore della sig.ra Ca.Ma. (...) tale liberalità è costituita dal trasferimento da parte del sig. Ca.Br. (...) a favore della sig.ra Ca.Ma. (...) dei titoli ed altre attività del valore complessivo pari ad Euro 816.116,14, trasferiti dal conto corrente (n.omissis) 'Cabum' del primo al conto corrente n. (omissis) aperto presso la Banca del Se. filiale di L. il 08.11.2013 dalla seconda".

2.2 Di recente, sia pure ai soli fini civilistici, le Sezioni Unite di questa Corte hanno statuito che, in tema di atti di liberalità, il trasferimento, attraverso un ordine di bancogiro del disponente, di strumenti finanziari dal conto di deposito titoli del beneficiante a quello del beneficiario non rientra tra le donazioni indirette (art. 809 cod. civ.), ma configura una donazione tipica (art. 769 cod. civ.) ad esecuzione indiretta, soggetta alla forma dell'atto pubblico (art. 782, primo comma, cod. civ.), salvo che sia di modico valore (art. 783 cod. civ.), poiché realizzato non tramite un'operazione triangolare di intermediazione giuridica, ma mediante un'intermediazione gestoria dell'ente creditizio. Infatti, l'operazione bancaria tra il donante ed il donatario costituisce mero adempimento di un distinto accordo negoziale fra loro concluso e ad essa rimasto esterno, il quale solo realizza il passaggio immediato di valori da un patrimonio all'altro, e tale circostanza esclude la configurabilità di un contratto in favore di terzo (art. 1411 cod. civ.), considerato che il patrimonio della banca rappresenta una "zona di transito" tra l'ordinante ed il destinatario, non direttamente coinvolta nel processo attributivo, e che il beneficiario non acquista alcun diritto verso l'istituto di credito in seguito al contratto intercorso fra quest'ultimo e l'ordinante (in termini: Cass., Sez. Un., 27 luglio 2017, n. 18725 - nello stesso senso: Cass., Sez. 2°, 19 agosto 2021, n. 23127; Cass., Sez. 2°, 24 ottobre 2022, n. 31272; Cass., Sez. 2°, 10 gennaio 2024, n. 982).

2.3 In tale direzione, pur prendendo atto della qualificazione datane dalle Sezioni Unite ai fini civilistici, la Sezione Tributaria di questa Corte ha ritenuto che la donazione di denaro depositato, al momento dell'atto di liberalità, presso un conto corrente di un istituto di credito nazionale o estero, la quale sia effettuata tramite bonifico bancario, assuma una diversa connotazione ai fini fiscali (da ultima: Cass., Sez. 5°, 12 gennaio 2022, n. 735).

A tal fine, si è precisato che l'ordine di bonifico ha natura di negozio giuridico unilaterale, la cui efficacia vincolante scaturisce da una precedente dichiarazione di volontà con la quale la banca si è obbligata ad eseguire i futuri incarichi ad essa conferiti dal cliente, e il cui perfezionamento è circoscritto alla banca e all'ordinante, con conseguente estraneità del beneficiario, nei cui confronti, pertanto, l'incarico del correntista di effettuare il pagamento assume natura di delegazione di pagamento (Cass., Sez. 3°, 22 maggio 2015, n. 10545; Cass., Sez. 3°, 23 maggio 2018, n. 13068; Cass., Sez. 5°, 17 marzo 2021, n. 7428). Attraverso l'atto di delegazione si realizza il fine di liberalità, producendo l'effetto, eccedente rispetto al mezzo, di una attribuzione gratuita.

Infatti, l'accreditamento nel conto del beneficiario si presenta come il frutto di un'operazione eseguita da un soggetto diverso dall'autore della liberalità sulla base di un rapporto di mandato sussistente tra donante e banca, obbligata in forza di siffatto rapporto ad effettuare la prestazione in favore del beneficiario. Non appare dubitabile la rilevanza, nel caso in esame, tanto del dato soggettivo rappresentato dall'intenzione del donante, condivisa dal donatario, di provocare un incremento del patrimonio del soggetto beneficiario, con depauperamento del patrimonio del soggetto disponente, attuato mediante l'ordine bancario, quanto del dato oggettivo, rappresentato dall'effettività del trasferimento di ricchezza sul conto riferibile al contribuente (in termini: Cass., Sez. 5°, 17 marzo 2021, n. 7428; Cass., Sez. 5°, 30 marzo 2021, n. 8720).

Questa esegesi è stata confermata e ribadita da recenti arresti di questa Sezione (in termini: Cass., Sez. 5°, 24 febbraio 2023, n. 5802; Cass., Sez. 5°, 28 febbraio 2023, n. 6077; Cass., Sez. 5°, 12 aprile 2023, n. 9780), alle cui conclusioni il collegio intende dare continuità anche in questa sede per l'identità della questione esaminata.

2.4 A prescindere dalla qualificazione giuridica che si intenda attribuire all'operazione bancaria, comunque, non appare dubitabile la sussistenza, nel caso in esame, tanto del dato soggettivo (animus donandi), rappresentato dall'intenzione del donante (Ca.Br.), condivisa dalla donataria (Ca.Ma.), di provocare un incremento del patrimonio del soggetto beneficiario, con depauperamento del patrimonio del soggetto disponente, attuato mediante bonifico (ordinativo bancario), quanto del dato oggettivo (causa donandi), rappresentato dall'effettività del trasferimento di ricchezza (Euro 816.116,14) sul conto riferibile al soggetto beneficiario presso il medesimo istituto di credito svizzero ("Banca del Se. S.A." di L.).

2.5 La liberalità di cui si discute è stata effettuata nell'anno 2013, ovvero in epoca successiva alla reintroduzione dell'imposta sulle successioni e donazioni per effetto dell'art. 2, comma 47, del d.l. 15 settembre 1990, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 novembre 1990, n. 334, e dunque quando era tornata ad essere applicabile la disciplina - base di cui al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, secondo le disposizioni vigenti al 24 ottobre 2001 (ovvero il giorno precedente all'entrata in vigore della legge 18 ottobre 2001, n. 383, il cui art. 13, comma 1, recava la soppressione dell'imposta), fatti salvi i rinvii ai commi da 48 a 54, e fermo restando il generale vincolo di compatibilità di cui al comma 50 sempre del citato art. 2.

Secondo l'art. 1, comma 1, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346: "L'imposta sulle successioni e donazioni si applica ai trasferimenti di beni e diritti per successione a causa di morte ed ai trasferimenti di beni e diritti per donazione o altra liberalità tra vivi".

Ai sensi dell'art. 1, comma 4-bis, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346: "Ferma restando l'applicazione dell'imposta anche alle liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione, l'imposta non si applica nei casi di donazioni o di liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per l'atto sia prevista l'applicazione dell'imposta di registro, in misura proporzionale, o dell'imposta sul valore aggiunto".

Il successivo art. 55, comma 1, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 prevede altresì che: "Gli atti di donazione sono soggetti a registrazione secondo le disposizioni del testo unico sull'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, concernenti gli atti da registrare in termine fisso".

L'art. 2, comma 47, del d.l. 15 settembre 1990, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 novembre 1990, n. 334, stabilisce che: "È istituita l'imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001, fatto salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54".

Mentre l'art. 2, comma 50, del d.l. 15 settembre 1990, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 novembre 1990, n. 334, recita che: "Per quanto non disposto dai commi da 47 a 49 e da 51 a 54 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste dal citato testo unico di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001".

2.6 Con l'introduzione dell'art. 56-bis del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, da parte dell'art. 69, comma 1, lett. p), della legge 21 novembre 2000, n. 342, il legislatore ha previsto una disciplina per le "liberalità diverse dalle donazioni", ampio genus nel quale rientrano, e rilevano ai fini impositivi considerati dalla norma, liberalità che neppure si traducono in contratti scritti, trattandosi di meri comportamenti materiali, oppure che risultano da documenti scritti per i quali non è imposta la formalità della registrazione, per cui anche la donazione per così dire "informale" non sembra estranea, come pure è stato sostenuto in dottrina, al meccanismo di emersione oggetto di causa, atteso che l'inosservanza della forma pubblica richiesta dall'art. 782 cod. civ. e la relativa sanzione della nullità, se rilevano sul piano civilistico, a tutela del donante, nessuna conseguenza producono sul piano tributario, in ragione del principio generale affermato dall'art. 53 Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 5°, 18 gennaio 2012, n. 634; Cass., Sez. 6°-5, 19 giugno 2017, n. 15144; Cass., Sez. 5°, 3 dicembre 2020, n. 27665; Cass., Sez. 5°, 9 dicembre 2020, n. 28047).

2.7 Sulla stessa linea, la dottrina - la cui ricostruzione è stata condivisa e recepita dalla più recente giurisprudenza di legittimità (Cass., Sez. 5°, 28 febbraio 2023, n. 6077; Cass., Sez. 5°, 12 aprile 2023, n. 9780) - ha ravvisato nella legislazione tributaria una triplice suddivisione delle donazioni, che si articola nelle seguenti categorie:

a) "donazioni dirette" o "formali", che nascono dalla stipulazione in forma pubblica (con l'assistenza obbligatoria dei testimoni) di un contratto tra donante e donatario ex art. 769 cod. civ.;

b) "donazioni indirette" (anche se formali), che derivano dalla confezione di un atto giuridico (in senso stretto) o da un negozio unilaterale o da un contratto (diverso, quindi, dalla donazione prevista dall'art. 769 cod. civ.) con la produzione di effetti analoghi alla donazione diretta (nell'accezione prevista dall'art. 809 cod. civ.), cioè, l'attuazione della volontà del donante (condivisa dal donatario) di provocare, per "spirito di liberalità", un incremento del patrimonio del soggetto beneficiario con il correlativo depauperamento del patrimonio del soggetto dante causa (esempi di tale categoria sono considerati: l'adempimento di un debito altrui; la rinuncia ad un diritto; la electio amici nel contratto per persona da nominare; la delega ad operare su un conto corrente bancario senza obbligo di rendiconto; il contratto a favore di un terzo; l'accollo di un debito altrui);

c) "donazioni informali", che consistono nello svolgimento di un'attività materiale (ad esempio: il trasferimento di denaro o di strumenti finanziari che si attui o brevi manu - e, cioè, consegnando fisicamente del denaro contante al donatario - o impartendo un ordine di bonifico bancario o cointestando un conto corrente bancario o un "dossier titoli" o un qualsiasi altro rapporto bancario; la consegna di un assegno circolare intestato al donatario affinché questi lo incassi sul proprio conto corrente bancario; la consegna di un titolo al portatore; l'incremento del fondo altrui con costruzioni o piantagioni; ecc.) o nella tenuta di un comportamento consapevolmente omissivo (come quello di lasciare decorrere un termine di prescrizione o di usucapione; oppure come quello di lasciare operare il meccanismo previsto dall'art. 177, primo comma, lett. a), cod. civ., e, cioè, stipulare un contratto di acquisto da parte di uno solo dei coniugi in comunione legale dei beni con impiego di suo denaro personale, provocando la sottoposizione del bene acquistato al regime di comunione legale) con la conseguenza, anche in questo caso, della diminuzione del patrimonio del soggetto dante causa e l'aumento del patrimonio del soggetto beneficiario.

2.8 Definiti i concetti di donazione indiretta e di donazione informale, ci si può, a questo punto, occupare della considerazione della donazione indiretta (e della donazione informale, sia che la si consideri una fattispecie a sé stante rispetto alla donazione indiretta, sia che la si consideri una species del genus donazione indiretta) da parte del legislatore tributario.

Nel D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, le liberalità diverse dalla donazione formale sono contemplate in una pluralità di disposizioni:

a) l'art. 1, comma 1, ove si sancisce che l'imposta sulle donazioni si applica ai trasferimenti di beni e diritti "per donazione o altra liberalità tra vivi";

b) l'art. 1, comma 4, ove si sancisce che l'imposta sulle donazioni non si applica ai casi di "donazione o liberalità di cui agli articoli 742 e 783 del codice civile" (vale dire per le "spese non soggette a collazione", di cui all'art. 742 cod. civ., e per le donazioni "di modico valore", di cui all'art. 783 cod. civ.);

c) l'art. 1, comma 4-bis, ove si sancisce che, ferma restando "l'applicazione dell'imposta anche alle liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione", l'imposta, però, non si applica nei casi di donazioni o di altre liberalità "collegate" ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per tali atti sia prevista l'applicazione dell'imposta di registro, in misura proporzionale, o dell'IVA;

d) l'art. 55, comma 1-bis, ove si sancisce che sono soggetti a registrazione "in termine fisso" anche "gli atti aventi ad oggetto donazioni dirette o indirette", formati all'estero nei confronti di beneficiari residenti nello Stato;

e) l'art. 56-bis, comma 1, ove si sanciscono i presupposti per l'accertamento, da parte dell'amministrazione finanziaria, delle "liberalità diverse dalle donazioni";

f) l'art. 58, comma 5, ove si sancisce che le disposizioni del Titolo III (rubricato "Applicazione dell'imposta alle donazioni") del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, "si applicano, in quanto compatibili, anche per gli atti di liberalità tra vivi diversi dalla donazione".

2.9 A questo punto, occorre chiedersi a cosa il D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, abbia inteso riferirsi (e quale scopo abbia perseguito) parlando variamente (o confusamente) di "altra liberalità tra vivi" (art. 1, comma 1), di "liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione" (art. 1, comma 4-bis), di "donazioni (...) indirette" (art. 55, comma 1-bis), di "liberalità diverse dalle donazioni" (art. 56-bis, comma 1) e di "atti di liberalità tra vivi diversi dalla donazione" (art. 58, comma 5).

In particolare, si tratta di stabilire se si è in presenza di una fattispecie unitaria o di una pluralità di fattispecie, e quindi della considerazione unitaria o meno di qualsiasi fattispecie in cui sia civilisticamente ravvisabile una donazione indiretta o una donazione informale.

Con la circolare emanata dall'Agenzia delle Entrate l'11 agosto 2015, n. 30/E (in materia di "Legge 15 dicembre 2014, n. 186, concernente "Disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all'estero nonché per il potenziamento della lotta all'evasione fiscale. Disposizioni in materia di autoriciclaggio". Risposte a quesiti"), è stato osservato che: "Come già chiarito dalla circolare n. 3/E del 22 gennaio 2008, par. 2, quindi, l'imposta sulle successioni e donazioni si applica alle "liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione" (articolo 1, comma 4-bis, del TUS), nonché alle altre "liberalità tra vivi" che si caratterizzano per l'assenza di un atto scritto (soggetto a registrazione)" (par. 1.2).

Tale opinione appare imprecisa e incompleta: essa, infatti, sembra evocare (e presupporre) un (invero, inesistente) generalizzato obbligo di registrazione sia delle donazioni (diverse da quelle di cui all'art. 769 cod. civ.) risultanti da atti soggetti a registrazione sia delle liberalità derivanti da atti non soggetti a registrazione perché non formati per iscritto (invero, una delle regole-base dell'imposta di registro è che la soggezione a registrazione consegue alla formazione di un atto "per iscritto nel territorio dello Stato"; art. 2, lett., a), del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131). Ma tale assunto non è condivisibile.

In proposito, si deve prendere le mosse dalle seguenti premesse:

a) il rilievo che "(g)li atti di donazione sono soggetti a registrazione secondo le disposizioni del testo unico sull'imposta di registro" (articolo 55, comma 1, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131;

b) il rilievo che l'art. 1, comma 4-bis, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, dispone la non applicazione dell'imposta sulle donazioni in talune fattispecie, dopo aver, però, esordito sancendo che resta "ferma (...) l'applicazione dell'imposta (sulle donazioni) anche alle liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione".

Da questi dati normativi parrebbe doversi desumere che, in tanto la donazione indiretta sarebbe rilevante ai fini dell'imposta sulle donazioni, in quanto essa sia "risultante" (anche per effetto di enunciazione, ai sensi dell'art. 22 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131) "da atti soggetti alla registrazione" (e, come è noto, per esserci obbligo di registrazione, deve esserci, anzitutto, di regola, la formazione "per iscritto" "nel territorio dello Stato" dell'atto da sottoporre a tassazione: art. 2, lett. a), del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131); pertanto, ad esempio, le donazioni informali (non stipulate "per iscritto", né enunciate in un" atto scritto") non sarebbero un possibile oggetto di tassazione.

In altre parole, quando non si sia in presenza di "atti soggetti alla registrazione", non si avrebbe una fattispecie rilevante ai fini dell'applicazione dell'imposta sulle donazioni, a meno che (ai sensi dell'art. 56-bis del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346): a) si faccia luogo alla registrazione "volontaria" della donazione indiretta non "risultante" "da atti soggetti alla registrazione";

b) la donazione indiretta non "da atti soggetti alla registrazione" sia "confessata" dal contribuente nell'ambito di una procedura di accertamento tributario.

Posta, dunque, questa linea di confine tra la donazione indiretta "risultante" (anche per via di enunciazione) "da atti soggetti alla registrazione" (e, in particolare, da un atto formato "per iscritto" "nel territorio dello Stato") e la donazione indiretta non "risultante" "da atti soggetti alla registrazione", resta da approfondire il punto se, per la donazione indiretta risultante "da atti soggetti alla registrazione" (fatta eccezione per la già accennata fattispecie di esonero da tassazione di cui all'art. 1, comma 4-bis, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346) sia configurabile, o meno, un obbligo di registrazione.

È convinzione del collegio che debba essere negativa la risposta alla predetta domanda se per qualsiasi liberalità (diversa dalla donazione formale) che sia "risultante" (anche per effetto di enunciazione, ai sensi dell'art. 22 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131) "da atti soggetti alla registrazione" (e, in particolare, da un atto formato "per iscritto" "nel territorio dello Stato") vi sia l'"obbligo" di registrazione e di tassazione con l'imposta sulle donazioni.

Infatti, quando il D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, si occupa (all'art. 56-bis, sotto la rubrica "Accertamento delle liberalità indirette") della tassazione delle liberalità diverse dalla donazione formale, enuncia due principi (che si rendono applicabili, per quanto sopra osservato, alle sole liberalità indirette "risultanti da atti soggetti alla registrazione"):

a) la "facoltà" del contribuente di registrare "volontariamente" le liberalità indirette (art. 56-bis, comma 3);

b) il "potere" dell'amministrazione finanziaria di accertare le liberalità indirette (solo) al congiunto ricorrere dei seguenti due presupposti (art. 56-bis, comma 1): b.1. "quando l'esistenza" della liberalità indiretta "risulti da dichiarazioni rese dall'interessato nell'ambito di procedimenti diretti all'accertamento di tributi"; b.2. "quando le liberalità abbiano determinato, da sole o unitamente a quelle già effettuate nei confronti del medesimo beneficiario, un incremento patrimoniale superiore all'importo di 350 milioni di lire".

Se, dunque, il "potere" dell'amministrazione finanziaria di accertare donazioni indirette si ha solo (sempre che la normativa in materia - come sopra accennato - non sia da ritenere abrogata) al ricorrere dei predetti due presupposti, pare potersi concludere che non vi sia un generalizzato obbligo di sottoporre a tassazione tutte le donazioni indirette "risultanti" (anche per via di enunciazione) "da atti soggetti alla registrazione" (Cass., Sez. 5°, 12 aprile 2022, n. 11831), ma si pongano solo le seguenti ipotesi di tassazione delle donazioni indirette, se "risultanti", beninteso, "da atti soggetti alla registrazione" (fermo restando l'esonero da tassazione per le donazioni indirette rientranti nel perimetro di quelle identificate nell'art. 1, comma 4-bis, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346):

a) la tassazione delle donazioni indirette quando per esse sia esplicata la "facoltà" di registrazione volontaria, cui evidentemente può ricorrere il contribuente che abbia il timore di subire l'accertamento previsto nell'art. 56-bis, comma 2, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346;

b) la tassazione delle donazioni indirette (non rientranti nel perimetro di esenzione di cui all'art. 1, comma 4-bis, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346) la cui "esistenza" "risulti da dichiarazioni rese dall'interessato nell'ambito di procedimenti diretti all'accertamento di tributi" (evidentemente diversi dall'imposta di donazione).

2.10 Dal ragionamento sinora svolto, si può conclusivamente desumere:

a) quanto alle donazioni informali (e alle donazioni indirette non "risultanti" - anche in via di enunciazione - "da atti soggetti alla registrazione") non ricorre il presupposto per la loro sottoposizione a tassazione;

b) quanto alle donazioni indirette "risultanti" (anche in via di enunciazione) "da atti soggetti alla registrazione" (diverse da quelle per cui vi è l'esonero da tassazione sancito dall'articolo 1, comma 4-bis, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346), i contribuenti non siano messi al cospetto di un ineludibile obbligo di sottoporle a tassazione (tanto è vero che la legge non dispone una sanzione per la loro mancata registrazione, ma "solo" una elevata aliquota d'imposta, sempre che la normativa che la prevede sia vigente), bensì sia loro offerta una "opportunità" di sottoposizione a tassazione delle donazioni indirette con riguardo all'evenienza che donante e donatario si trovino a doversi riferire a uno spostamento patrimoniale a titolo gratuito, non assoggettato a tassazione, nel contesto di un procedimento (tipico è il caso di una verifica circa la capacità reddituale espressa nell'effettuazione di un incremento patrimoniale, quale l'acquisto di un bene immobile) finalizzato all'accertamento di altri tributi la cui maggiore entità, rispetto all'imposta sulle donazioni, "solleciti" il contribuente sotto accertamento di "confessare" la donazione, scontando il relativo carico fiscale, piuttosto che subire il maggior esborso che deriverebbe dalla mancata "confessione" della donazione.

In vista di questa evenienza, e della tassazione che ne conseguirebbe, al contribuente è, dunque, offerta l'opportunità di una minore tassazione in conseguenza del suo spontaneo attivarsi per la registrazione volontaria della donazione indiretta. Se, infatti, vigesse un "obbligo" generalizzato di registrazione delle donazioni indirette (formate, o meno, mediante un atto scritto), si avrebbe che la norma sulla registrazione volontaria delle donazioni indirette non avrebbe alcun senso, in presenza della norma generale dell'art. 8 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131; e poco senso pure avrebbe la norma in tema di tassazione (senza previsione di sanzioni) delle donazioni indirette "confessate", essendovi nel sistema la previsione della sanzionabilità della mancata registrazione degli atti e degli eventi che, invece, vi dovrebbero essere soggetti.

Ancora, che un obbligo di registrazione delle donazioni indirette non sussista è ben dimostrato, oltre che dal fatto della volontarietà della registrazione di cui all'art. 56-bis, comma 3, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, anche dal rilievo che, ove sia instaurato un "procedimento diretto all'accertamento di tributi" (art. 56-bis, comma 1, lett. a), del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346), e il contribuente non voglia dichiarare la donazione indiretta (che è, appunto, un "mezzo di cautela" e non un "obbligo"), l'amministrazione finanziaria non può procedere alla tassazione della donazione indiretta, ma deve procedere all'accertamento del tributo per il quale esso indaga, senza poter pretendere, al contempo, sia quest'ultima tassazione sia la tassazione della donazione indiretta.

È chiaro, infine, che, ove si ritenesse la sussistenza, nel sistema, di un "obbligo" di registrazione delle donazioni indirette, si dovrebbe far luogo anche all'applicazione della norma per effetto della quale l'amministrazione finanziaria decade dal potere di accertare la mancata registrazione con la scadenza del quinto anno successivo alla data in cui la registrazione avrebbe dovuto avvenire (art. 76, comma 1, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, applicabile alla imposta di donazione ai sensi dell'art. 55, comma 1, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346).

Poiché un "obbligo" in tal senso non pare sussistere, ma pur sempre esiste nel sistema il principio della prescrizione decennale (art. 78 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131), dovrebbe concludersi che non possano pretendersi imposte sulle donazioni "confessate" che abbiano data anteriore al decimo anno rispetto alla data della "confessione" (e che la "confessione" non possa certo essere considerata quale dies a quo per il decorso del termine prescrizionale).

2.11 L'art. 56-bis, comma 1, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, ammette la possibilità, per l'amministrazione finanziaria, di accertare l'esistenza di tali liberalità (diverse dalle donazioni) ove l'attribuzione patrimoniale gratuita emerga nel corso di un'attività di controllo delle imposte sui redditi, a condizione che la natura liberale dell'attribuzione risulti da esplicite dichiarazioni rese dal contribuente, e che sia superata una determinata soglia di rilevanza fiscale. Essa regola, dunque, l'emersione di peculiari fattispecie impositive, avendo il legislatore inteso, da un lato, incentivare l'autodichiarazione del contribuente, anche per evitare ulteriori e più onerose pretese fiscali (si pensi alle indagini relative alle imposte dirette dalle quali possono emergere elementi patrimoniali incompatibili con i redditi dichiarati) e, dall'altro, limitare l'esercizio del potere di accertamento dell'amministrazione finanziaria, quanto alle liberalità ivi contemplate, ancorandolo alla ricorrenza di determinati presupposti.

2.12 Orbene, anche a seguito delle modifiche introdotte al complessivo impianto normativo delle imposte sulle successioni e donazioni, l'art. 56-bis del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, non può ritenersi affatto implicitamente abrogato, trattandosi di disposizione che ha una propria ragion d'essere, oltre che autonomia funzionale, rispetto a quanto previsto e, per il resto, disciplinato dal T.U.S.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la ratio legis della disciplina in tema di liberalità attuate in forme diverse da quella della donazione tipica (art. 769 cod. civ.) porta ad escludere che il prospettato contrasto tra vecchie e nuove norme comporti necessariamente l'implicita abrogazione delle prime, atteso che, a ben vedere, a siffatta opzione interpretativa conseguirebbe un vuoto di regole nel complessivo quadro normativo di riferimento delineato dal d.l. 15 settembre 1990, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 novembre 1990, n. 334, e dal D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346. Deve procedersi, allora, ad una operazione interpretativa diversa da quella puramente letterale, e ciò al fine di armonizzare l'art. 56-bis del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, con le disposizioni che disciplinano la reintrodotta imposta sulle successioni e donazioni, considerato che non è un dato conclusivo il diverso regime delle aliquote e delle franchigie attualmente vigente, avuto riguardo alla natura di rinvio "dinamico" e non "statico" attribuibile al richiamo, operato dalla disposizione in esame, alla disciplina delle aliquote e franchigie applicabili alle donazioni. Si tratta di un'interpretazione che non appare in contrasto con altri interessi meritevoli di tutela, o con i principi generali dell'ordinamento tributario, certamente consentita dal fatto che, come già detto, la normativa in tema di accertamento delle liberalità indirette e di registrazione volontaria delle stesse venne introdotta dal legislatore nel contesto delle disposizioni del T.U.S. e, pertanto, essa non poteva che far riferimento, tramite richiamo, alle aliquote e franchigie previste dal T.U.S. ed all'epoca vigenti (si pensi all'aliquota massima del 7% applicata in chiave latamente sanzionatoria).

Le liberalità, difatti, sono accertate e sottoposte ad imposta in presenza di una dichiarazione circa la loro esistenza, resa dall'interessato nell'ambito di procedimenti diretti all'accertamento di tributi, se sono di valore superiore alle franchigie oggi esistenti: Euro 1.000.00000 per coniuge e parenti in linea retta, Euro 100.000,00 per fratelli e sorelle, Euro 1.500.000,00 per persone portatrici di handicap, mentre per i casi in cui la norma vigente non prevede franchigie (ovvero con riguardo a soggetti diversi da coniuge, parenti in linea retta, fratelli e sorelle, persone portatrici di handicap), l'imposta trova applicazione sull'intero importo della liberalità, con la conseguente esclusione del limite di franchigia prevista dalla normativa di riferimento prima della introduzione della nuova imposta di successione e donazione.

È appena il caso di osservare, invece, la peculiare tecnica legislativa utilizzata con il riferimento, contenuto nell'art. 2 comma 47, del d.l. 15 settembre 1990, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 novembre 1990, n. 334, alle "disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001", come è reso evidente dalla formulazione della norma, che fatto salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54 ed il generale limite di compatibilità, rinvia proprio e solo alle disposizioni richiamate, le quali diventano idealmente parte integrante dell'atto rinviante, così come esse si trovavano scritte nel momento a cui il rinvio fa riferimento (Cass., Sez. 5°, 3 dicembre 2020, n. 27665).

2.13 Ne discende che il richiamato art. 56-bis, comma 1, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, alla stregua del quale è stato motivato l'avviso di liquidazione emesso nei confronti della contribuente, va interpretato nel senso che le liberalità diverse dalle donazioni (e da quelle risultanti da atti di donazione effettuati all'estero a favore di residenti), ossia tutti quegli atti di disposizione mediante i quali viene realizzato un arricchimento (del donatario) correlato ad un impoverimento (del donante) senza l'adozione della forma solenne del contratto di donazione tipizzato dall'art. 769 cod. civ., e che costituiscono manifestazione di capacità contributiva, sono accertate e sottoposte ad imposta sulle donazioni in presenza di una dichiarazione circa la loro esistenza, resa dall'interessato nell'ambito di procedimenti diretti all'accertamento di tributi, essendo irrilevante a tali fini la formale stipulazione di un atto e viceversa rilevante il fatto economico provocato dal trasferimento da un patrimonio ad un altro (Cass., Sez. 5°, 3 dicembre 2020, n. 27665; Cass., Sez. 5°, 12 gennaio 2022, n. 735).

Risulta essere integrato, nella specie, pienamente il paradigma dell'arricchimento senza corrispettivo, che si rinviene anche nelle liberalità diverse dalla donazione, cioè le liberalità atipiche risultanti da atti diversi dal contratto tipico di donazione, ma in grado di attuare effetti economici equivalenti a quelli prodotti da detto contratto, benché non rivestano la forma dell'atto pubblico. Il fenomeno delle liberalità atipiche, del resto, è certamente rilevante fiscalmente anche nell'ambito della "nuova" imposta sulle donazioni, in quanto esso rientra nell'ampia nozione di "trasferimenti gratuiti" che il legislatore del 2006 ha utilizzato per individuare il presupposto impositivo del tributo.

2.14 Ciò detto, in caso di accertamento officioso, l'art. 56-bis, comma 2, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, prevede l'applicazione dell'aliquota unica del 7%, all'epoca la misura massima prevista, ed a prescindere dal grado di parentela del beneficiario, da calcolare sulla parte dell'incremento patrimoniale dovuto alla liberalità eccedente la sopra indicata soglia di Lire 350.000.000. Secondo la prescelta interpretazione logico-sistematica della disposizione, si deve evitare l'applicazione di una aliquota e di una franchigia non più previste dalla novellata imposta, ed al fine di consentire ad essa disposizione di continuare ad operare, in maniera non priva di coerenza, nel modificato contesto normativo di riferimento, si deve guardare alle nuove disposizioni e, segnatamente, all'art. 2, commi 49 e 49-bis, del d.l. 15 settembre 1990, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 novembre 1990, n. 334. Del resto, se è vero che l'art. 2, comma 50, del d.l. 15 settembre 1990, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 novembre 1990, n. 334, stabilisce l'applicazione delle disposizioni del T.U.S. "in quanto compatibili", tale limite non preclude l'armonizzazione del contenuto della disposizione in esame con le nuove aliquote e franchigie nei termini qui considerati.

Ne consegue che l'art. 56-bis, comma 1, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, va interpretato nel senso che le liberalità diverse dalle donazioni (e da quelle risultanti da atti di donazione effettuati all'estero a favore di residenti), ossia tutti quegli atti di disposizione mediante i quali viene realizzato un arricchimento (del donatario) correlato ad un impoverimento (del donante) senza l'adozione della forma solenne del contratto di donazione tipizzato dall'art. 769 cod. civ., e che costituiscono manifestazione di capacità contributiva, essendo irrilevante a tali fini la formale stipula di un atto e viceversa rilevante il fatto economico provocato dal trasferimento da un patrimonio ad un altro, sono accertate e sottoposte ad imposta in presenza di una dichiarazione circa la loro esistenza, resa dall'interessato nell'ambito di procedimenti diretti all'accertamento di tributi, se sono di valore superiore alle franchigie oggi esistenti: Euro 1.000.000,00 per coniuge e parenti in linea retta, Euro 100.000,00 per fratelli e sorelle, Euro 1.500.000,00 per persone portatrici di handicap, mentre per i casi in cui la norma vigente non prevede franchigie (ovvero con riguardo a soggetti diversi da coniuge, parenti in linea retta, fratelli e sorelle, persone portatrici di handicap), l'imposta trova applicazione sull'intero importo della liberalità. Per le fattispecie di liberalità imponibili come sopra individuate, l'aliquota da applicare è quella dell'8%, che costituisce attualmente la percentuale massima prevista dalla legge, a prescindere dal rapporto di parentela del beneficiario, così da mantenere la funzione latamente sanzionatoria contemplata dal legislatore (l'aliquota del 7% non esiste più e non appare coerente "mescolare" tra loro aliquote e franchigie vecchie e nuove) (Cass., Sez. 5°, 3 dicembre 2020, n. 27665; Cass., Sez. 5°, 9 dicembre 2020, n. 28047; Cass., Sez. 5°,12 gennaio 2022, n. 735; Cass., Sez. 5°, 24 febbraio 2023, n. 5802; Cass., Sez. 5°, 28 febbraio 2023, n. 6077; Cass., Sez. 5°, 12 aprile 2023, n. 9780).

2.15 A ciò si aggiunga che, con riguardo alla registrazione volontaria prevista dall'articolo 56-bis, comma 3, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 - ipotesi che non assume concreto rilievo decisorio, ma che si esamina per completezza argomentativa -il rinvio operato dal medesimo art. 56-bis alle aliquote di cui all'art. 56 (disposizione espressamente abrogata, nei commi da 1 a 3, dal d.l. 15 settembre 1990, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 novembre 1990, n. 334), deve ora essere inteso come riferito alle nuove aliquote e franchigie introdotte dall'art. 2, commi 49 e 49-bis, del d.l. 15 settembre 1990, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 novembre 1990, n. 334, così da mantenere il regime impositivo più favorevole riservato al contribuente totalmente collaborativo (Cass., Sez. 5°, 3 dicembre 2020, n. 27665; Cass., Sez. 5°, 9 dicembre 2020, n. 28047; Cass., Sez. 5°,12 gennaio 2022, n. 735).

2.16 Va aggiunto che le "dichiarazioni rese dall'interessato nell'ambito di procedimenti diretti all'accertamento di tributi", dalle quali deve risultare l'esistenza di tali donazioni, ben possono provenire anche dal donante, oltre che dal donatario, avendo le parti "interesse comune" alla realizzazione della liberalità.

Pertanto, ne discende che anche l'istanza diretta ad avvalersi della procedura di collaborazione volontaria per l'emersione ed il rientro di capitali detenuti all'estero ex art. 5-quater del d.l. 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, può servire a tale scopo, allorquando la donazione abbia avuto ad oggetto proprio le "attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori del territorio dello Stato" che siano spontaneamente emerse per volontà dell'"autore della violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all'articolo 4, comma 1", del d.l. 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227 (a tenore del quale: "Le persone fisiche (...), residenti in Italia che, nel periodo d'imposta, detengono investimenti all'estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi. Sono altresì tenuti agli obblighi di dichiarazione i soggetti indicati nel precedente periodo che, pur non essendo possessori diretti degli investimenti esteri e delle attività estere di natura finanziaria, siano titolari effettivi dell'investimento secondo quanto previsto dall'articolo 1, comma 2, lettera u), e dall'allegato tecnico del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231").

In tal senso, anche la circolare emanata dall'Agenzia delle Entrate l'1 agosto 2015, n. 30/E, ha espressamente previsto che: "Nell'ambito della procedura di collaborazione volontaria, possono emergere trasferimenti di ricchezza non formalizzati in atti scritti - è il caso, ad esempio, della rinuncia a crediti, di elargizioni di denaro contante prelevato dai conti esteri ecc. -effettuati nei periodi d'imposta oggetto di regolarizzazione" (par. 1.2), ritenendo - proprio alla luce coordinamento dell'art. 56-bis del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, con le modifiche apportate dall'art. 2, comma 47, del d.l. 15 settembre 1990, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 novembre 1990, n. 334, - che "(...) il contribuente (ferma restando la possibilità, secondo i principi generali, di regolarizzare la propria posizione, possa altresì fornire le informazioni utili all'accertamento delle imposte in questione in sede di procedura di collaborazione volontaria" (par. 1.2).

Per cui, è evidente che il preciso riferimento a liberalità consistite nell'elargizione di prelievi in contante o nella richiesta di bonifici su conti correnti esteri a favore di terzi beneficiari postula che la successiva istanza di collaborazione volontaria, che sia idonea ad assumere rilevanza ai fini dell'art. 56-bis, comma 1, lett. a), del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, non può che essere presentata dal disponente, trattandosi dell'unico legittimato ad avvalersi della facoltà di acconsentire all'emersione dei capitali detenuti all'estero attraverso la c.d. "voluntary disclosure".

2.17 Vanno, dunque, ribaditi i seguenti principi di diritto:

A. "In tema di imposta sulle donazioni, l'art. 56-bis, comma 1, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, va interpretato nel senso che le liberalità diverse dalle donazioni, ossia tutti quegli atti di disposizione mediante i quali viene realizzato un arricchimento (del donatario) correlato ad un impoverimento (del donante) senza l'adozione della forma solenne del contratto di donazione tipizzato dall'art. 769 cod. civ., e che costituiscono manifestazione di capacità contributiva, sono accertate e sottoposte ad imposta (con l'aliquota dell'8%) - pur essendo esenti dall'obbligo della registrazione - in presenza di una dichiarazione circa la loro esistenza, resa dall'interessato nell'ambito di procedimenti diretti all'accertamento di tributi, se sono di valore superiore alle franchigie oggi esistenti (Euro 1.000.000 per coniuge e parenti in linea retta, Euro 100.000 per fratelli e sorelle, Euro 1.500.000 per persone portatrici di handicap)";

B. "In tema di imposta sulle donazioni, la dichiarazione prevista dall'art. 56-bis, comma 1, lett. a), del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, al fine dell'accertamento e della sottoposizione all'imposta delle liberalità diverse dalle donazioni (nella specie, di una donazione informale avente ad oggetto il trasferimento, mediante bonifico bancario dal conto corrente del donante al conto corrente del donatario, di attività finanziarie detenute all'estero), può provenire, oltre che dal donatario, anche dal donante e può essere rappresentata anche dall'istanza volta ad avvalersi della procedura di collaborazione volontaria ed il rientro dei capitali detenuti all'estero, quando la donazione abbia avuto ad oggetto le attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori dal territorio dello Stato, spontaneamente emerse per volontà dell'autore della violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all'art. 4, comma 1, del d.l. 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227".

2.18 Ne deriva che il giudice di appello si è sostanzialmente uniformato ai principi enunciati, avendo argomentato che: "L'oggetto del contendere riguarda il trasferimento di liquidità da un conto corrente estero intestato allo zio (Ca.Br.) ad un altro conto corrente estero intestato alla nipote (Ca.Ma.). Risulta pertanto documentato il trasferimento del denaro in favore dell'appellante, che sotto l'aspetto giuridico ne è diventata a tutti gli effetti la titolare. In secondo luogo, deve ritenersi dimostrato che detto trasferimento sia stato eseguito a titolo di liberalità, non risultando una volontà diversa da parte del titolare del conto corrente dal quale le somme sono state trasferite. Che Ca.Br. abbia voluto trasferire le somme alla nipote con l'intento che la stessa provvedesse a destinarle alle cure mediche dello zio non è in alcun modo documentato. Non risulta pertanto che egli abbia subordinato la dazione ad una controprestazione", nemmeno sub specie di onere o modo (art. 793 cod. civ.).

3. Il secondo motivo ed il quarto motivo - la cui stretta ed intima connessione consiglia la trattazione congiunta, discostandosi dall'ordine di prospettazione in ricorso - sono inammissibili sotto vari profili.

3.1 Anzitutto, la deduzione del vizio ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. impinge nella preclusione derivante dalla c.d. "doppia conforme"; difatti, in siffatta ipotesi, prevista dall'art. 348-ter, quinto comma, cod. proc. civ. (applicabile, ai sensi dell'art. 54, comma 2, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, ai giudizi d'appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), il ricorrente in cassazione - per evitare l'inammissibilità del motivo di cui all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (nel testo riformulato dall'art. 54, comma 3, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 ed applicabile alle sentenze pubblicate dall'11 settembre 2012) - deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell'appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (tra le tante: Cass., Sez. 1°, 22 dicembre 2016, n. 26774; Cass., Sez. Lav., 6 agosto 2019, n. 20994; Cass., Sez. 5°, 12 luglio 2021, n. 19760; Cass., Sez. 5°, 1 aprile 2022, n. 10644; Cass., Sez. 5°, 11 aprile 2022, n. 11707; Cass., Sez. 6°-5, 28 aprile 2022, n. 13260; Cass., Sez. 5°, 13 dicembre 2023, n. 34868; Cass., Sez. 5°, 7 marzo 2024, n. 6189); nella specie, però, a fronte della soccombenza nel doppio grado di merito, la ricorrente non ha indicato le ragioni di fatto differenti a seconda del giudizio; ne discende che le questioni sono state esaminate e decise in modo uniforme dai giudici del doppio grado di merito, per cui non ne è possibile alcun sindacato da parte del giudice di legittimità in relazione alla violazione dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (art. 348-ter, quinto comma, cod. proc. civ.).

3.2 Per il resto, è noto che l'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell'ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, comma primo, n. 6, e 369, comma secondo, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il "fatto storico", il cui esame sia stato omesso, il "dato", testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il "come" e il "quando" tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua "decisività", fermo restando che l'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (tra le tante: Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054; Cass., Sez. 6°-3, 27 novembre 2014, n. 25216; Cass., Sez. 2°, 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass., Sez. Lav., 21 ottobre 2019, n. 26764; Cass., Sez. 5°, 12 luglio 2021, nn. 19820, 19824, 19826 e 19827; Cass., Sez. 5°, 22 luglio 2021, n. 20963; Cass., Sez. 5°, 27 luglio 2021, n. 21431; Cass., Sez. 5°, 30 maggio 2022, n. 17359; Cass., Sez. 5°, 10 novembre 2023, n. 31327; Cass., Sez. 5°, 29 dicembre 2023, n. 36426; Cass., Sez. 5°, 6 febbraio 2024, n. 3404).

L'art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., come riformulato dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell'ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass., Sez. 1°, 14 settembre 2018, n. 26305; Cass., Sez. 6°-1, 6 settembre 2019, n. 22397; Cass., Sez. 5°, 11 maggio 2021, n. 12400; Cass., Sez. 5°, 24 luglio 2021, nn. 21457 e 21458; Cass., Sez. 5°, 20 dicembre 2022, n. 37346; Cass., Sez. 5°, 10 novembre 2023, n. 31327; Cass., Sez. 1°, 29 febbraio 2024, n. 5426) né l'omessa disanima di questioni o argomentazioni (Cass., Sez. 6°-1, 6 settembre 2019, n. 22397; Cass., Sez. 5°, 20 aprile 2021, n. 10285; Cass., Sez. 5°, 20 dicembre 2022, n. 37346; Cass., Sez. 5°, 10 novembre 2023, n. 31327; Cass., Sez. 1°, 29 febbraio 2024, n. 5426).

Nella specie, il "fatto" decisivo è stato ravvisato dalla ricorrente, anzitutto, nel rifiuto della liberalità disposta in suo favore dallo zio paterno, mediante la dichiarazione depositata il 22 luglio 2014 presso il Notaio Pe.Si. da L. (Svizzera), la quale avrebbe impedito, a suo dire, il perfezionamento del trasferimento delle attività finanziarie.

Ma la peculiarità di tale elemento era già stata espressamente apprezzata dal giudice di appello, che ne aveva tenuto conto per escluderne l'incidenza sulla formazione dell'accordo tra le parti per la conclusione della liberalità, per cui, non c'è stato un omesso esame.

3.3 Difatti, secondo la motivazione della sentenza impugnata: "La natura di liberalità del trasferimento delle somme deve ritenersi inoltre confermata dalla circostanza che non risulta provato che Ca.Ma. abbia utilizzato tali somme a sostentamento, assistenza e cure dello zio. Il dato oggettivo è pertanto che il denaro è confluito su un conto corrente intestato alla contribuente accertata, che ne ha ottenuto la disponibilità e la titolarità". E tanto basta a confermare, anche alla luce del successivo comportamento della beneficiaria, che la liberalità informale si fosse pienamente realizzata con l'effettivo e definitivo trasferimento degli strumenti finanziari, essendo stata correttamente valutata l'inidoneità della dichiarazione postuma sulla destinazione del loro controvalore alle spese per le cure mediche del disponente a ripristinare (con una sorta di contrarius actus) lo status quo ante dei rispettivi patrimoni.

4. Da ultimo, anche il terzo motivo è inammissibile sotto vari profili.

4.1 Anzitutto, anche per questo mezzo vale la preclusione derivante dalla c.d. "doppia conforme" per le ragioni già illustrate.

4.2 Per il resto, si deve rilevare che, in seguito alla riformulazione dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del "minimo costituzionale" richiesto dall'art. 111, sesto comma, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (tra le tante: Cass., Sez. 1°, 3, marzo 2018, n. 7090; Cass., Sez. 1°, 6 dicembre 2022, n. 35815; Cass., Sez. 1°, 9 maggio 2023, n. 12340).

5. Alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, valutandosi l'infondatezza del primo motivo e l'inammissibilità dei restanti motivi, il ricorso deve essere rigettato.

6. Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.

7. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore della controricorrente, liquidandole nella misura di Euro 4.500,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13 marzo 2024.

Depositata in Cancelleria il 20 marzo 2024.

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